Secondo uno studio della Banca d’Italia la tariffa sui rifiuti Ta.Ri. agisce come un’imposta patrimoniale, gravando maggiormente sulle famiglie con redditi più bassi, in “non discrimina adeguatamente fra famiglie in base alla produzione di rifiuti”. Bankitalia conferma quindi la posizione da tempo sostenuta dall’Adoc: l’attuale tariffa si basa su un meccanismo inadeguato ed iniquo, serve introdurre capillarmente la tariffa puntale, più equa e sostenibile.
“Se vogliamo adottare un sistema più equo, sia nella ridistribuzione dei costi che nello smaltimento dei rifiuti, basato sui principi dell’economia circolare e in pieno accordo con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, occorre spingere l’acceleratore della raccolta differenziata e far applicare ad ogni Comune il meccanismo della tariffazione puntuale – dichiara Roberto Tascini, Presidente dell’Adoc – l’attuale meccanismo, che individua quali parametri per il pagamento solo i metri quadri dell’abitazione e il numero dei componenti familiari, è inadeguato e, come rilevato anche da Bankitalia, pesa maggiormente sulle famiglie a basso reddito, che hanno meno consumi e conseguente minore produzione di rifiuti. Al contrario, un sistema basato sulla tariffa puntuale permette più facilmente di raggiungere sia gli obiettivi di riciclaggio che quelli di riduzione della produzione di rifiuti stabiliti a livello europeo, applicando il principio del “chi inquina paga”, ossia la correlazione tra il prezzo del servizio e il volume/quantità di rifiuto prodotto, riferito all’indifferenziata. La tariffazione volumetrica consente, difatti, una riduzione dei rifiuti destinati allo smaltimento compresa tra il 25 e il 45%, secondo i dati dell’EPA (Environmental Protection Agency). In Italia si registra una riduzione complessiva del 15-20% dei quantitativi conferiti nei Comuni in cui è stata adottata la tariffa a volume. Con sensibili risparmi per le famiglie anche sul versante economico, che premia i comportamenti virtuosi dei contribuenti.”
Dall’indagine “Il prelievo locale sui rifiuti in Italia: benefit tax o imposta patrimoniale (occulta)?”, fatta dalla Banca d’Italia emerge che “la Ta.ri. non discrimina adeguatamente fra famiglie in base alla produzione di rifiuti e presenta effetti redistributivi peculiari a sfavore dei nuclei con redditi più bassi. Una riconfigurazione del prelievo in chiave tariffaria porterebbe benefici non solo in termini di efficienza – per gli incentivi ad un utilizzo più responsabile delle risorse pubbliche e di quelle ambientali – ma anche in termini di equità, poiché rimuoverebbe i profili di regressività dell’attuale Ta.ri”.
Secondo Bankitalia, come per l’Adoc, serve una tariffa basata sulla quantità di rifiuti prodotti: “con l’innovazione tecnologica si sono sviluppate forme diverse per misurare la quantità di rifiuti prodotti, ma in Italia il fenomeno della tariffazione puntuale del servizio rifiuti “è ancora limitato a poche realtà territoriali e il servizio è finanziato con una “Tassa sui rifiuti” (Ta.ri) con connotati in parte assimilabili a quelli di un’imposta patrimoniale”.
“La Ta.ri. – prosegue Bankitalia – ha un ruolo rilevante nei bilanci locali. Essa fornisce un gettito di quasi 10 miliardi (di cui si può stimare che all’incirca il sessanta per cento sia prelevato sulle famiglie), corrispondente a quasi un quinto delle entrate comunali; inoltre dal 2016 rappresenta l’unica forma di prelievo sulla proprietà dell’abitazione di residenza e il suo importo può essere incrementato dagli enti (a differenza delle aliquote degli altri tributi locali, che sono bloccate). La Ta.ri. è tuttavia molto lontana dalla logica della benefit taxation, essendo legata alla dimensione dell’abitazione e a quella del nucleo familiare ma in modo del tutto inadeguato a cogliere la quantità di servizio effettivamente reso”.
Una tassazione legata alla dimensione della casa e alla numerosità delle famiglie agisce come una patrimoniale ma è legata solo alla dimensione e non al valore dell’immobile; “il prelievo non discrimina adeguatamente fra famiglie in base alla produzione di rifiuti”; la riconfigurazione in chiave tariffaria “porterebbe vantaggi non solo in termini di efficienza dell’assetto di finanza locale e di un utilizzo più consapevole delle risorse ambientali, ma anche sul piano di una più equa ripartizione del carico fiscale fra famiglie”.
“In media, nel 2016 le famiglie italiane hanno pagato circa 230 euro per la Ta.ri. sull’abitazione di residenza”, dice Bankitalia, ma con forti differenze legate alle dimensioni delle famiglie e all’ampiezza delle abitazioni. Ad esempio, prosegue lo studio, “il tributo medio richiesto a una famiglia di due componenti oscilla tra circa 180 euro per i nuclei residenti in abitazioni al di sotto dei 75 metri quadri a oltre 290 euro per quelli residenti in abitazioni superiori a 120 metri quadri. Più in generale, tenendo conto delle specificità comunali, la Ta.ri. aumenta mediamente di circa 40 euro per ogni componente in più del nucleo familiare (fino a sei, oltre gli incrementi sono nulli) e di circa 1,07 euro per ogni ulteriore metro quadro di superficie”. Ci sono poi differenze territoriali, per cui la tassa è più alta nelle regioni del Sud, dove si attesta in media a 269 euro, più 17% rispetto al dato nazionale, e più bassa al Nord-Est, dove è di poco superiore a 195 euro.
Spiega Bankitalia che, sotto l’aspetto della patrimoniale, “un’imposta basata sulla superficie è potenzialmente iniqua” perché i valori immobiliari possono essere molto diversi a seconda della collocazione dell’abitazione e della sua vetustà. “L’iniquità della Ta.ri. come imposta patrimoniale è d’altra parte rafforzata dal fatto che la numerosità di un nucleo familiare incide significativamente sull’importo della tassa, in modo del tutto indipendente dal valore della ricchezza immobiliare”.