Tari, via libera del Mef, Comuni dovranno rimborsare i contribuenti danneggiati da conti gonfiati

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Occhio alla beffa, gli altri contribuenti rischiano un rincaro in bolletta per compensare le uscite

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha confermato l’errore di calcolo posto in essere dai Comuni in merito alla Tari. Un numero finora imprecisato di Comuni ha posto in essere un’illegittima moltiplicazione degli importi della Tari, applicando la quota variabile dell’imposta tante volte per quante sono le pertinenze dell’immobile, quando invece doveva essere applicata una sola volta. Con la conseguenza che gli importi da pagare sono, di fatto, incrementati fino ad essere raddoppiati.

“Ora i Comuni colpevoli di aver gonfiato la tariffa Tari provvedano ad un rimborso automatico in bolletta per i contribuenti danneggiati, senza caricarli di nuovi oneri – dichiara Roberto Tascini, Presidente dell’Adoc – i contribuenti hanno il sacrosanto diritto al rimborso di quanto indebitamente hanno pagato, ma preferiremmo che si adottasse una soluzione che non scateni una corsa alla vertenza, con aggravio di costi a danno dei cittadini. E attenzione alla beffa per gli altri contribuenti. Difatti, in base al Decreto Ronchi (D.Lgs 22/97), ogni anno il Comune determina un piano di costo per lo smaltimento dei rifiuti, modulando la tassa tra i suoi contribuenti in modo da coprire quel costo. Avendo ora scoperto che alcuni in passato hanno pagato più del dovuto e avranno diritto a un rimborso, il Comune spenderà comunque la cifra preventivata per il costo del servizio, ma gli incassi saranno minori. Pertanto di questi costi deve rientrare, spalmando su tutti gli altri contribuenti i costi del mancato incasso. Ci auguriamo, per questo, che il Ministero, il Governo e gli Enti locali adottino soluzioni che impediscano la possibile beffa a danno degli altri contribuenti.”

Per Adoc, ad ogni modo, occorre adottare in ogni Comune la tariffa puntuale, più equa e sostenibile

“Se vogliamo adottare un sistema più equo, sia nella ridistribuzione dei costi che nello smaltimento dei rifiuti, basato sui principi dell’economia circolare e in pieno accordo con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, occorre spingere l’acceleratore della raccolta differenziata e far applicare ad ogni Comune il meccanismo della tariffazione puntuale – continua Tascini – questo è il sistema che permette più facilmente di raggiungere sia gli obiettivi di riciclaggio che quelli di riduzione della produzione di rifiuti stabiliti a livello europeo, applicando il principio del “chi inquina paga”, ossia la correlazione tra il prezzo del servizio e il volume/quantità di rifiuto prodotto, riferito all’indifferenziata. La tariffazione volumetrica consente, difatti, una riduzione dei rifiuti destinati allo smaltimento compresa tra il 25 e il 45%, secondo i dati dell’EPA (Environmental Protection Agency). In Italia si registra una riduzione complessiva del 15-20% dei quantitativi conferiti nei Comuni in cui è stata adottata la tariffa a volume. Con sensibili risparmi per le famiglie anche sul versante economico, che premia i comportamenti virtuosi dei contribuenti. Ad esempio a Parma l’introduzione della tariffa puntuale per i rifiuti da avviare a smaltimento ha prodotto un risparmio sulla bolletta rifiuti per oltre 92.000 famiglie nel 2015, con uno sconto medio di 20 euro sulla fattura di conguaglio.”

I sistemi di raccolta basati sulla tariffazione puntuale sono molto diffusi nel nord Europa, e si basano sull’utilizzo di sistemi di rilevazione e quantificazione della produzione dei rifiuti riferiti ad ogni singola utenza servita, anche grazie all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia come il Rfid. Questi sistemi stanno cominciando a diffondersi anche nei Comuni italiani.  Questo anche grazie all’adozione del D.M. 20 aprile 2017 del Ministro dell’Ambiente, che precisa come la tariffa rifiuti corrispettiva potrà essere applicata anche solo “misurando” il solo rifiuto indifferenziato, sia attraverso sistemi diretti (pesatura) sia attraverso sistemi indiretti, come il volume del bidone o del sacchetto. Non è quindi necessario misurare le altre frazioni di rifiuti, quali carta, plastica, vetro.

Cos’è la TaRi e come si è generato l’errore

La Tariffa Rifiuti è stata introdotta con la legge di bilancio 2014 e applicata a partire dal 1° gennaio 2015. È disciplinata da una legge nazionale e da regolamenti comunali, diversi caso per caso, che stabiliscono le aliquote. La Tari si compone di due voci:

  • la «quota fissa», che viene collegata alla dimensione dell’immobile. La tariffa della Tari viene così moltiplicata per i metri quadrati dell’immobile. In questo calcolo finiscono anche le pertinenze coperte come garage, soffitte, cantine, box, ecc…;
  • la «quota variabile», che dipende invece dal numero delle persone che abitano nell’immobile. Questa quota deve essere calcolata una sola volta, sulla base di quanti sono gli occupanti dell’immobile in sé considerato, comprese quindi le pertinenze (DPR n. 158/99). Dunque, se un immobile ha pertinenze, la quota variabile va applicata una sola volta perché le persone che vivono nell’appartamento e utilizzano la pertinenza sono sempre le stesse.

Il caos di questi giorni è scoppiato in quanto un numero imprecisato di Comuni ha posto in essere un’illegittima moltiplicazione degli importi della Tari, applicando la suddetta quota variabile dell’imposta tante volte per quante sono le pertinenze dell’immobile. Con la conseguenza che gli importi da pagare sono, di fatto, incrementati fino ad essere raddoppiati.

Chi ha diritto al rimborso e come richiederlo

Per capire se si ha diritto al rimborso occorre anzitutto verificare l’annualità per cui si è pagata la tassa, in modo da appurare se il tributo è stato suddiviso in quota fissa e quota variabile. Se infatti è stata applicata la vecchia Tarsu, che aveva una struttura unitaria non è possibile alcun rimborso.

Per verificare se si ha diritto al rimborso di quanto dovuto in più occorre analizzare gli avvisi di pagamento ricevuti. Se sull’avviso di pagamento la quota Tari è dettagliata anche nella componente variabile, va verificato se sono state addebitate quote anche per le pertinenze: se sono state conteggiate separatamente più volte, allora è possibile chiedere il rimborso. Se invece l’avviso di pagamento non contiene dettaglio, l’iter è molto più tortuoso e gravoso per il contribuente, in quanto occorre procurarsi copia del regolamento comunale sulla Tari e rifare i conti per verificare se si è pagato più del dovuto. Un aggravio improbo.

Per il rimborso occorre presentare apposita istanza entro 5 anni (che è il tempo di prescrizione della Tari) dal pagamento della Tari.

La domanda va presentata all’attuale gestore della Tari e al Comune competente per la Tari in questione. Va inviata quindi una istanza di ricalcolo e rimborso, con raccomandata A/R, chiedendo il ricalcolo di quanto dovuto, lo sgravio degli importi illegittimamente e il rimborso di quanto pagato in eccesso oltre spese e interessi.

La richiesta deve ottenere risposta da parte del Comune entro 90 giorni. Il Comune ha inoltre 180 giorni di tempo per la materiale restituzione delle somme.

Se il Comune e/o il gestore rigettano espressamente la domanda, si può proporre ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale competente, entro 60 giorni dalla notifica del rigetto.

Se invece il Comune non risponde entro 90 giorni – e non paga entro 180 giorni dalla presentazione dell’istanza – è possibile impugnarlo ricorrendo sempre alla Commissione tributaria provinciale.

Per ogni eventuale necessità di aiuto e consulenza ci si può rivolgere agli sportelli dell’Adoc distribuiti su tutto il territorio.