Il ritorno alle caverne: il progresso è un nuovo contratto sociale

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Non si nasce e non si muore in Italia, un paese anagraficamente fermo.

Questo è quanto ci dicono le ultime statistiche Istat per il 2016.

I residenti nel Bel Paese sono 60 milioni e 579 mila, 86 mila in meno del 2015, ma c’è un ulteriore dato con saldo negativo rispetto al 2015: con i suoi 474 mila nati l’Italia ha raggiunto un nuovo triste primato, battendo il precedente messo a segno nel 2015, quando i nati erano 486 mila.

Una riduzione complessiva delle nascite del 2,4% che conferma la propensione delle donne ad avere figli in età matura: l’età media al parto è di 31,7 anni.

Il saldo naturale (nascite meno decessi) registra nel 2016 un valore negativo (-134 mila) che rappresenta il secondo maggior calo di sempre, superiore soltanto a quello del 2015 (-162 mila).

Il saldo migratorio estero nel 2016 è pari a +135 mila, un livello analogo a quello dell’anno precedente ma, rispetto a quest’ultimo, è determinato da un maggior numero di ingressi (293 mila) e da un nuovo massimo di uscite per l’epoca recente (157 mila). L’aspettativa di vita si allunga raggiungendo la media di 80,6 anni per gli uomini ed 85,1 per le donne. Nello specifico gli over 65 rappresentano, con 13,5 milioni di persone, il 22,3% della popolazione, gli over 90 lo 0,8%, mentre gli ultra centenari sono ben più di 17 mila.

Queste cifre, che hanno ricevuto la massima attenzione dei media sembrano, nelle loro analisi, racchiudere le tante e diverse storie delle nostre vite. Mutamenti dei nostri comportamenti causati da una crisi dai risvolti imprevisti ed imprevedibili, sempre più di carattere sociale.

 

Dimenticate, come d’incanto, le passate rivoluzioni sociali ed industriali, i boom economici e le globalizzazioni, presentati nella logica che un maggior progresso avrebbe rappresentato il benessere di tutti.

Ed allora perché assistiamo al progressivo sfarinamento del tessuto del Paese? A cosa è dovuto questo clima avvelenato da ultima spiaggia, che avvertiamo intorno a noi? Eppure rispetto a quell’Italietta uscita dalla guerra, di progresso ne abbiamo avuto.

I fatti hanno dimostrato che rivoluzioni ed evoluzione non sempre portano a un vantaggio, perché il potere del cambiamento pare si comporti come il vento: non puoi mai prevedere né da dove verrà, né da che parte soffierà. Gli effetti sono lì, sotto i nostri occhi. La società è talmente frantumata che le divisioni entrano non solo dentro i partiti politici, la parvenza di quelli sopravvissuti, ma anche dentro gruppi ideologicamente omogenei di persone, e persino dentro le nostre famiglie.

Quello al quale stiamo assistendo non sono i soliti scontri di potere politico, regolamenti di conti, personalismi visti in un recente passato.

Le motivazioni di questo clima sono più profonde. Logiche simili a quelle che hanno portato all’elezione di Trump negli States e alla Brexit nel Regno Unito.
Le ragioni di questo disagio sociale motivo di questa acrimonia sociale risiede nel peso della generale di una crisi economica mondiale, che è stato scaricato sulla classe media, impiegati, commercianti e artigiani.

In altre parole la società ha fatto “crash”.
Si è rotto quel “contratto sociale” tanto caro a Rousseau. Quel patto che aveva tenuto unite le società occidentali per anni: la cosiddetta società dei due terzi, in cui il malessere colpiva la minoranza di un terzo della popolazione che restava quindi al margine, ma contava meno, e alla quale non restava altro che affidarsi al sistema clientelare per emergere.


Oggi quegli schemi sono saltati.  

E’ saltato persino il sistema clientelare, che non può più accontentare nessuno. Da qui la spaccatura, per quell’unico terzo della società che, invece, ha mantenuto intatti i suoi privilegi.
La spaccatura va giù in profondità, entra fin dentro le famiglie. Una realtà familiare fatta anche di genitori andati in pensione a 40 anni e figli disoccupati che hanno oggi la stessa età, e che campano di quella pensione.
Nel giro di una generazione abbiamo invertito il senso del tempo lavorativo.

Oggi si trova lavoro, se si è fortunati, nell’età con cui una volta si andava in pensione. Il 66% degli under 35 sono usciti di casa nel 2016. Una società “talmente evoluta” che può orgogliosamente offrire ai suoi giovani instabilità lavorativa. Ed ancora case in affitto sempre più piccole per la generazione dei millennials che, non potendosi permettere a differenza dei propri padri e dei propri nonni auto di proprietà, scorrazzeranno con il car sharing. In fondo ai giovani serve davvero poco: basta dotarli di uno smartphone e di una app innovativa per non farli sentire ultimi. Che forse l’acronimo App significhi apparire o apparenza, alla faccia dell’esistere? Un paradosso davvero assurdo, se ci pensate, ed è evidente come molti dei problemi di oggi sono ereditati dal passato. Il sistema non è sostenibile.
C’è da ricostruire la struttura stessa della società, sia tecnicamente che moralmente. E’ indispensabile un grande lavoro di pazienza e di ricucitura sociale, che può avvenire soltanto con il ritorno a quella austerità di cui le classi sociali privilegiate si dovrebbero fare carico per prime.

Ed è questo il punto della possibile ripartenza.

La stretta di mano ideale nella quale suggellare un nuovo contratto sociale. Patto senza il quale bisogni ed egoismi atavici prevarranno. Una regressione che riporterà l’uomo allo stadio, tanto caro a Rousseau, dell’uomo inteso come animale, meno forte di alcuni e meno agile di altri che si organizzava in società con altri simili, per cogliere e vivere più vantaggiosamente degli altri animali.

Quell’ominide fece massa, sistema con altri ominidi per affrontare le avversità, oggi no: l’uomo dei nostri giorni si isola dagli altri, sfaldando alla base il concetto di società.

Il rilancio dell’economia ed il ripristino di un clima di fiducia stabile potranno diventare obiettivi ragionevolmente perseguibili solo se si inizierà a prendere rigorosamente coscienza, al di là dei numeri, delle dimensioni dei fenomeni, consapevoli dei contrapposti interessi in campo fissando senza ambiguità una gerarchia dei valori e precedenze.

E’ essenziale un dialogo sociale serio e strutturato di prospettiva, di largo respiro, che abbia l’energia per azionare la finanza, il fisco, il sostegno alla produzione, ai servizi alle famiglie, alla lotta di tutte le forme di criminalità. Andremo sempre più alla deriva se non stabiliremo chi, come e quando debba sostenere i sacrifici, concertando un percorso condiviso, garantendo che ciascuno faccia la sua parte.

Occorre un sussulto di orgoglio collettivo della politica, dei cittadini delle istituzioni, per recuperare credibilità. Se invece alle statistiche non seguirà uno slancio sociale, volto al governo dei fenomeni registrati, nel futuro saranno interpretate come simboli dell’incapacità umana di promuovere un nuovo illuminismo: l’Italia dei cittadini verrà soppiantata dall’Italia dei sudditi!

Non sarà la rivoluzione 4.0 a schiavizzare l’umanità, sarà lo stesso uomo che affosserà se stesso.

Guerre di religione e nazionalismi, lo sfruttamento “no limits” dell’uomo sull’uomo e del pianeta che ci ospita, ci farà tornare dalle case alle baracche e infine nelle caverne. Dalle città ai paesi abbandonati, dalle fabbriche alle campagne. Forse neanche Einstein poteva immaginare come la sua celebre teoria E= mc² potesse nel tempo anche decifrare i codici comportamentali della società.

Una formula dove m (massa) non si conserva ma è soggetta a continue variazioni e che altro non è che una forma di energia E, di una energia che si misura con c, la velocità della luce. E…tutto torna.

Perché in quella formula si fonda non solo tutta la fisica moderna ma anche l’evoluzione della civiltà umana. Perché è nella massa, fatta nel nostro caso da un insieme di persone, che va in una stessa direzione che si trova l’energia necessaria, per ritrovare con velocità la luce! Se invece questa massa, questa forza sociale denominata civiltà perde la sua capacità di coesione, si aprirà dopo quella della globalizzazione una nuova era e sarà allora un’altra “equazione” dello stesso fisico ad affermarsi: “…io non so come si combatterà la terza guerra mondiale, ma so che la quarta sarà combattuta con le pietre ed i bastoni!»