Plastica, l’83% dell’acqua che beviamo è contaminato da fibre

Secondo uno studio condotto da Orb Media, in collaborazione con i ricercatori dell’Università statale di New York e dell’Università del Minnesota oltre l’80% dell’acqua potabile che beviamo è contaminata da fibre microscopiche di plastica, il cui impatto sulla salute umana è ancora tutto da verificare.

Ma rappresenta, ad ogni modo, un grave campanello d’allarme.

Da Nuova Delhi a Quito, da Washington DC a Beirut, passando per l’Europa e gli altri continenti, in tutto il mondo sono state trovate percentuali significative, tra il 72 e il 94% di residui microscopici di plastica nell’acqua che beviamo. Non solo, anche nel suolo e nell’aria.

Fonti di inquinamento

Quali possono essere le fonti della contaminazione? Secondo la ricerca le più probabili pare siano:

FIBRE SINTETICHE NEL BUCATO

I vestiti sintetici in pile, acrilico e poliestere rilasciano a ogni lavaggio migliaia di fibre microscopiche. Si calcola che ogni anno si riversino così nelle acque reflue circa un milione di tonnellate di fibre microscopiche e che almeno la metà di esse non venga sottoposta a trattamento e finisca nell’ambiente.

POLVERI DI PNEUMATICO

La polvere di stirene-butadiene degli pneumatici finisce negli scarichi e da lì in corsi d’acqua, fiumi e oceani. Ogni 100 chilometri percorsi, automobili e camion ne disperdono più di 20 grammi ciascuno. E polvere si somma a polvere. Si calcola che ogni anno la Norvegia, per esempio, disperda nell’ambiente un chilogrammo pro-capite di questo copolimero.

VERNICI

Polveri della vernice usata per la segnaletica stradale, le imbarcazioni e le abitazioni contribuiscono nella misura del 10 per cento e più all’inquinamento da microplastiche degli oceani. Alcuni studi hanno dimostrato che la superficie degli oceani è letteralmente ricoperta da polvere di vernice.

FIBRE SINTETICHE NELL’ARIA

Si sospetta che la dispersione di queste fibre dai tessuti si possa produrre anche soltanto per sfregamento degli arti quando si cammina, per esempio, e che finiscano in aria come i peli di un gatto. Uno studio del 2015 condotto a Parigi ha appurato che ogni anno finiscano nell’aria di una città tra le tre e le dieci tonnellate di queste fibre.

MICRO-PERLE

È stato calcolato che nel 2015 i corsi d’acqua degli Stati Uniti sono stati inquinati da ottomila miliardi di micro-perle, vietate negli Usa e in Canada nei prodotti per la pulizia della pelle e in alcuni cosmetici.

Come contrastare l’inquinamento: la raccolta differenziata

Con il riciclo di 1.000 tonnellate di plastica si ottiene il risparmio di circa 3.500 tonnellate di petrolio, l’equivalente dell’energia usata da ben 15.000 frigoriferi in un anno.

Secondo uno studio di Althesys il riciclo e la valorizzazione dei materiali in plastica hanno portato 1,9 milioni di euro di benefici netti nell’arco di 10 anni, a cui vanno sommati ulteriori benefici, soprattutto quelli ambientali: 6,9 milioni di tonnellate di CO2 evitate, mancato di invio a smaltimento di 2,9 milioni di tonnellate di rifiuto di imballaggio, 55 discariche evitate. Secondo lo studio, inoltre, il comparto sostiene lo sviluppo dell’industria: 473 milioni di euro è la valutazione delle materie prime seconde reimmesse sul mercato.

In Italia nel 2014 sono state raccolte 773.000 tonnellate di plastica, delle quali 450.000 da raccolta differenziata urbana (323.000 invece la plastica proveniente da attività commerciali ed industriali), con un incremento dell’8% rispetto al 2013, portando la quantità di plastica riciclata pro-capite a 13,9 kg.

Tra tutti i materiali che è possibile riciclare, la plastica è tra quelli che maggiormente si prestano a un riciclo completo. Esistono circa 110 tipologie differenti di plastica e per fortuna la gran parte di essi possono essere riciclati interamente. Oltre ad essere uno dei materiali più utilizzati, la plastica è anche uno di quelli maggiormente riciclabili: una volta terminato il suo utilizzo, può essere riutilizzata in tanti modi diversi.

Per questo è fondamentale operare una ottimale raccolta differenziata della plastica, in modo da non disperdere nell’ambiente una potenziale risorsa. Sfogliando la guida dell’Adoc sulla raccolta differenziata è possibile differenziare correttamente tutte le plastiche, ricordando che tra Comune e Comune ci possono essere delle variazioni sulla destinazione dei rfiuti.

Come contrastare l’inquinamento: l’economia circolare

Il sistema economico attuale, ovvero produrre senza alcun riguardo per le materie prime, per il loro utilizzo non condiviso e per lo smaltimento selvaggio degli scarti (c.d. sistema lineare), figlio della rivoluzione industriale, è giocoforza sempre più inefficiente e costoso, sia per l’ambiente, che per i cittadini-consumatori e per le imprese.

Le parole chiave del modello lineare sono “prendi, produci, getta” (Take, Make, Dispose).

Ma è possibile sostituirlo? Sì, attraverso l’applicazione del modello dell’economia circolare basato sulle famose tre “R”: ridurre (gli imballi dei prodotti, gli sprechi di materie prime, eccetera), riusare (allungando il ciclo di vita dei beni) e riciclare (gli scarti non riutilizzabili) (Reuse, Reduce, Recycle).

Nell’economia circolare i prodotti sono pensati per avere una nuova vita grazie alla riparazione, alla ricostruzione, alla trasformazione o al riutilizzo come nuove risorse per altri prodotti.

L’economia circolare può creare un modello di sviluppo completamente nuovo. Proficuo, in quanto riduce gli sprechi. Riuso, riciclo e recupero sono le parole chiave intorno alle quali costruire un nuovo paradigma di sostenibilità, innovazione e competitività, in uno scenario in cui anche i rifiuti si trasformano da problema in risorsa. Uno studio della Ellen McArthur Foundation (il centro di ricerca sull’economia circolare, a cui alleghiamo il video a fine articolo) evidenzia come, solo in Europa, l’economia circolare può generare un beneficio economico da 1.800 miliardi di euro entro il 2030, può dare una spinta al Pil (il prodotto interno lordo, vale a dire la ricchezza) di circa 7 punti percentuali addizionali, può creare nuovi posti di lavoro e incrementare del 3% la produttività annua delle risorse.